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L’importanza della visita gastroenterologica nella diagnostica delle intolleranze

Con il termine gastroenterologia s’intende lo studio della cura delle patologie che interessano lo stomaco, l’intestino e in generale l’apparato digerente. Questa branca medica ha vasti ambiti di competenza, poiché i disturbi a carico dell’apparato digerente risultano sempre specifici e numerosi. Per tale motivo, sempre più pazienti si rivolgono ad uno specialista, il gastroenterologo, per un maggiore approfondimento in materia. La visita gastroenterologica è la prima tappa per la valutazione clinica del paziente, dovuta ad una serie di sintomatologie quali il bruciore allo stomaco, mal di pancia e nausea, e risulta molto utile per diagnosticare le problematiche gastroenterologiche esistenti che possono interessare malattie dell’intestino tenue, dell’esofago dello stomaco, del colon del retto, del pancreas e del fegato. Per una valutazione sicura e dettagliata, il gastroenterologo necessita anche di attente analisi concernenti lo stile di vita del paziente e ai caratteri familiari, in base ai quali deciderà se è opportuno approfondire la ricerca con esami specialistici.
Molto spesso, i pazienti devono eseguire questa visita specialistica anche a causa di problemi alimentari, come possono essere le intolleranze.

Che differenza c’è tra intolleranza e allergia alimentare

Il campo delle intolleranze alimentari è in continua evoluzione, infatti, circa il 50% della popolazione ne è affetta. Spesso, in ambito alimentare, si fa confusione tra allergia ed intolleranza alimentare, poiché entrambe manifestano una sorta di fastidio ad una determinata sostanza presente negli alimenti, ma dal punto di vista clinico sono completamente opposte. La differenza principale si basa per quanto riguarda l’allergia in una reazione di tipo immunologico, ossia legata al sistema immunitario, mediata da immunoglobuline della classe IgE, mentre l’intolleranza è una reazione di difesa dell’organismo relativa all’assenza di un determinato enzima che consente di digerire l’alimento causante il fastidio.
Le intolleranze alimentari sono un fenomeno che negli ultimi tempi si sta diffondendo in mondo esponenziale e i suoi sintomi, generalmente, non sono immediati e acuti come nel caso delle allergie. Anzi, di solito si manifestano in età adulta mediante mal di testa o bruciori intestinali. Tali disturbi hanno sicuramente un fondamento genetico, difatti è possibile individuare la patologia eseguendo specifici test del DNA, attuando in tal modo la dieta migliore per il proprio organismo.

Quali sono le intolleranze alimentari più comuni?

La giusta alimentazione è fondamentale per il benessere del nostro organismo, ma non tutti gli individui riescono ad assimilare tutte le tipologie di cibi presenti nel mercato.
Una delle intolleranze maggiormente conosciute è quella al lattosio, ossia un tipico caso d’intolleranza enzimatica. Tale tipologia d’intolleranza è causata dal mal funzionamento delle disaccaridasi (enzimi che hanno la funzione di metabolizzare i carboidrati) in modo più specifico, è provocato dalla carenza di enzima lattasi che impedisce all’organismo di digerire il lattosio, cioè uno zucchero che rappresenta il 98% dei carboidrati presenti nel latte.
La lattasi dovrebbe discernere il lattosio in zuccheri più semplici per permetterne il conseguente assorbimento gastrointestinale, diversamente, il soggetto sarà intollerante al lattosio.
Le sintomatologie tipiche d’intolleranza al lattosio, si manifestano generalmente entro poche ore dall’assunzione di latte o altri cibi che contengono una certa quantità di lattosio (come gli alimenti confezionati), provocando dolori e crampi addominali, flatulenza, scariche diarroiche, meteorismo, scariche diarroiche. Non esiste una cura definitiva per l’intolleranza al lattosio, si può parlare più di un regime alimentare che preveda una riduzione di alimenti contenenti lattosio.

Altra intolleranza enzimatica è il favismo, ossia una patologia genetica relativa a determinati enzimi contenuti nei globuli rossi. I soggetti affetti da favismo presentano la mancanza della glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD), che comporta problematiche a livello degli eritociti (globuli rossi), poiché il G6DP risulta essenziale per la sopravvivenza e il giusto funzionamento degli stessi. Per le persone affette è sconsigliabile l’assunzione di fave, piselli e verbena, in quanto tali alimenti potrebbero inibire l’enzima G6DP, comportando l’emolisi acuta con ittero, in seguito ad un’alta concentrazione di bilirubina nel sangue. I sintomi si manifestano dopo 12-48 ore dall’ingestione di tali legumi, provocando una carnagione giallastra, urine scure e le sclere oculari appaiono di un colore giallo intenso. Tale intolleranza è trasmessa geneticamente mediante il cromosoma X, motivo per cui, i maschi sono maggiormente colpiti rispetto alle donne.

Meritevole di attenzione è anche l’intolleranza al glutine che comporta l’insorgere della celiachia, una particolare patologia che interessa l’apparato intestinale. I soggetti affetti da tale intolleranza non riescono ad assorbire il glutine, cioè una sostanza composta da due tipi di proteine contenuta in alcuni cereali come il frumento, il farro, la segale e nel grano.
Queste proteine permettono alle farine di poter lievitare e acquistare consistenza al pane, prima della cottura in forno, ma tra loro, è contenuta una molecola detta gliadina che va a determinare la reazione immunitaria portatrice della celiachia.
Buona parte della popolazione riesce a digerire e metabolizzare il glutine, ma nei soggetti celiaci tale proteina non viene assorbita e trasformata in antigene, ossia considerata velenosa dall’organismo attivando così una serie di reazioni immunitarie infiammatorie.
I sintomi più comuni della celiachia sono:

  • dolore addominali;
  • diarrea cronica;
  • crampi muscolari;
  • ritardo nella crescita;
  • anemia;
  • flatulenza.

Attualmente non esiste una cura definitiva, l’unica “terapia” è una dieta priva di glutine che il soggetto dovrà seguire rigidamente per tutta la vita, cosicché i sintomi cesseranno e si potranno prevenire le potenziali patologie causate dal malassorbimento.

Le intolleranze possono essere provocate anche per la presenza in determinati cibi di sostanze ad attività farmacologica come le amine vasoattive, la caffeina e l’alcol etilico.
In particolare le ammine biogene sono composti azotati realizzati per decarbossilazione microbica degli amminoacidi. Dato che questi microorganismi sono presenti nell’ambiente, possono facilmente essere contenuti in cibi e bevande. Essi sono maggiormente presenti nei cibi che deperiscono velocemente e sono ricchi di amminoacidi, come carni, pesce, salumi, vino e latticini.
In condizioni normali l’organismo è in grado di neutralizzare le ammine biogene, grazie all’attività svolta da particolari enzimi e all’azione detossificante del fegato, qualora tale meccanismo non funzioni si vanno a determinare i diversi livelli di intolleranza. Per evitare il formarsi di questi microrganismi è consigliabile consumare i cibi secondo le scadenze fissate sulle etichette.

Quali sono i sintomi di un’intolleranza?

I sintomi più comuni collegati a tutte le tipologie d’intolleranze alimentari sono:

  • acne
  • afte
  • bruciore di stomaco
  • cattiva digestione
  • colica
  • crampi addominali
  • diarrea
  • flatulenza
  • mal di stomaco
  • mal di testa
  • stitichezza
  • nausea

Oltre ai sintomi appena elencati le intolleranze alimentari, si possono causare disturbi anche a livello gastrointestinale che possono manifestarsi col tempo. In tal caso si manifestano improvvisi cambiamenti di peso, gastrite, sindrome dell’intestino irritabile, colite o iperacidità.

In cosa consiste la visita gastroenterologica

La visita gastroenterologica è un esame che consente di comprendere le problematiche relative l’apparato digerente nel suo complesso. Mediante quest’esame è possibile individuare le patologie che interessano gli organi legati al processo digestivo quali l’esofago, lo stomaco, il pancreas, il fegato, ecc. In una prima fase il gastroenterologo raccoglie tutte le informazioni utili a ricostruire la storia clinica del paziente, analizzando i sintomi riferiti. Qualora il medico richieda ulteriori indagini è necessario effettuare esami più dettagliati di carattere endoscopico o radiologico.
Per eseguire la visita con il gastroenterologo non è necessario il digiuno e di norma non viene richiesta l’osservanza di nessun tipo di preparazione.